Le onde elettromagnetiche sono un tipo di perturbazione che non necessita di un mezzo in cui propagarsi. Esse si originano da un sistema di cariche in moto che generano un campo elettrico e magnetico, e la loro esistenza e` prevista dalle equazioni di Maxwell. Le onde e.m. si propagano seguendo l'equazione di D'Alembert: \begin{equation} \frac{\partial^2 E}{\partial x^2} -\frac{1}{c^2}\frac{\partial^2E}{\partial t^2} = 0 \end{equation} Le soluzioni di questa equazione sono onde piane nella forma generale: \begin{equation} E(\vec{r}, t) = E_0\cos(\phi + \vec{k}\cdot\vec{r} - \omega t) \end{equation} dove $E_0$ e` l'ampiezza dell'onda, $\phi$ la costante di fase, $\omega$ la frequenza e $k = 2\pi/\lambda$ il numero d'onda. L'equazione $\phi = kr - \omega t$ esprime la \textit{fase} dell'onda, la quale ad ogni istante a un valore fisso su un piano noto come \textit{fronte d'onda}. Un'onda in cui le componenti dei campi elettrico e magnetico sono non nulle lungo un'unica coordinata si dice \textbf{polarizzata linearmente}. Un'onda data dalla sovrapposizione di altre due polarizzate linearmente e sfalsate di $\pi/2$ e` polarizzata circolarmente se l'ampiezza delle due onde costituenti e` uguale, \textbf{ellitticamente} se le due ampiezze sono diverse.
Nel passaggio da un mezzo a un altro le onde subiscono due fenomeni: riflessione e rifrazione. Si definisce come indice di rifrazione di un mezzo $n$ il rapporto fra la velocita` della luce nel vuoto e quella nel mezzo: \begin{equation} n = \frac{c}{v_p} \end{equation} dove $v_p$ e` la velocita` di fase dell'onda. Quando un'onda quindi attraversa la superficie di separazione fra due mezzi la sua velocita` varia, e lo stesso fa la sua lunghezza d'onda, poich\'e $ \lambda = \lambda_0/n$. Riflessione e rifrazione avvengono secondo tre regole:
Tutto questo si ricava a partire dal \textbf{principio di Fermat}: la traiettoria seguita dal raggio luminoso sara` quella per cui il tempo di percorrenza e` minimo. In altre parole, essa e` tale da minimizzare la grandezza nota come cammino ottico $l = \int n {\rm d}s$, o piu` semplicemente il prodotto dell'indice di rifrazione per la lunghezza fisica. Poiche\' $n>1$, i fronti d'onda che attraversano il mezzo cambiano forma.
Quando due onde armoniche con origine in $S_1$ e $S_2$ si sovrappongono in un punto $P$, si definisce differenza di fase $\delta = k(r_2 - r_1) + (\phi_2 - \phi_1)$, che contiene una differenza intrinseca nella fase delle due onde, e una dovuta al diverso percorso compiuto per raggiungere $P$. Se $\delta$ e` costante nel tempo le onde sono coerenti, e $\Delta \phi = 0$ si dicono sincrone, altrimenti si dicono incoerenti. L'interferenza riguarda sorgenti coerenti. La figura di interferenza fra le due onde consiste in una serie di righe chiare e scure, dette frange di interferenza. Questo e` dovuto alla sovrapposizione delle onde in fase o meno: se la differenza di percorso fra le due e` un multiplo intero della loro lunghezza d'onda, esse arrivano nel punto in fase e si ha interferenza costruttiva. In caso contrario si ha interferenza distruttiva. Quindi: \begin{equation} \sin\theta = \frac{m\lambda}{d} \end{equation} e` la condizione di interferenza costruttiva, dove $\theta$ e` l'angolo formato dal punto $P$ rispetto all'asse.
La diffrazione e` un fenomeno di interferenza che avviene quando un'onda incontra una fenditura o un ostacolo le cui dimensioni sono paragonabili alla lunghezza d'onda. La figura di diffrazione da una fenditura e` formata da una serie di picchi intervallati da minimi in cui l'intensita` e` nulla. Il massimo e` in corrispondenza del picco centrale, che si trova di fronte alla fenditura. Nel caso invece la diffrazione avvenga a causa di un reticolo con $N$ fenditure, si formeranno massimi principali in corrispondenza di ciascuna fenditura, e in mezzo ad essi $N-2$ massimi secondari di scarsa entita`.
Una lente e` un sistema ottico costituito da materiale trasparente e omogeneo limitato da due superfici che possono essere entrambe sferiche, o una piana e una sferica, le quali separano due mezzi a diverso indice di rifrazione. Una lente e` detta sottile quando il suo spessore e` piccolo rispetto alle lunghezze in gioco: in pratica essa si considera assimilabile a un piano, e si trascura cio` che avviene al suo interno. Esistono due famiglie principali di lenti, convergenti e divergenti. In tutti i casi per lenti sottili vale l'\textbf{equazione dei punti coniugati}: \begin{equation} \frac{1}{p} + \frac{1}{q} = \frac{1}{f} \end{equation} $p$ e $q$ rappresentano rispettivamente la distanza fra l'oggetto e la lente e fra la lente e l'immagine, $f$ invece rappresenta la lunghezza focale della lente, ovvero la distanza fra la lente e il punto in cui convergono i raggi paralleli che attraversano la lente. Si definisce \textit{ingrandimento} di una lente la quantita` $m = q/p$.
Un sistema ottico e` un apparato in grado di misurare la quantita` di energia emessa da una sorgente. Esso e` costituito dalla sorgente stessa, da un ricevitore e da un elemento reale (diaframma) che definisce la frazione di flusso che raggiunge il ricevitore, e in tal caso il diaframma e` noto come \textbf{stop di apertura}, o definisce l'area della sorgente che il rivelatore misura (stop di campo). In generale tuttavia puo` essere il rivelatore, e non il diaframma, a limitare il flusso proveniente dalla sorgente: per questo lo stop di apertura in generale e` l'elemento che limita il flusso. Si definisce \textit{raggio principale} il raggio che passa per il centro dello stop di apertura, raggio parassiale un raggio che si trova a poca distanza da quello principale, e raggio marginale un raggio che tocca il bordo dello stop di apertura. Il raggio principale ortogonale allo stop e` l'asse ottico del sistema.
Altri due elementi di un sistema ottico sono le pupille. Si definisce pupilla di entrata l'apertura del fascio di luce utilizzato. La pupilla di uscita rappresenta invece il limite del fascio di luce uscente. I piani che contengono diaframmi e pupille sono piani coniugati; in assenza di aberrazioni, ogni punto del piano delimitato dal diaframma ha per immagine un punto delle due pupille. In generale, per un sistema ottico qualunque, la pupilla d'entrata del sistema e` data dall'immagine del diaframma d'apertura fornita da tutte le lenti che lo precedono, mentre la pupilla d'uscita e` l'immagine del diaframma d'apertura data da tutte le lenti che lo seguono.
In un sistema ottico, una importante limitazione alle osservazioni e` costituita dalla diffrazione dal bordo delle lenti (o degli specchi). Essa infatti modifica la forma di una sorgente puntiforme trasformandola in una figura particolare, con un disco centrale piu` luminoso circondato da anelli scuri e chiari alternati, via via meno luminosi. Il disco centrale e` chiamato disco di Airy, e il suo raggio e`: \begin{equation} R_A = 1.22 \frac{\lambda}{D} \end{equation} dove $\lambda$ e` la lunghezza d'onda di osservazione e $D$ il diametro del sistema ottico. Osservandola in un telescopio, quindi, una stella non appare puntiforme, ma estesa con raggio pari a $R_A$.
Un'altra limitazione importante ai sistemi ottici sono le aberrazioni, che modificano in modo notevole la forma e la posizione dell'immagine rispetto alle attese. Si definisce \textit{aberrazione del raggio} la distanza fra il punto in cui l'immagine si forma, e il punto in cui si sarebbe formata in assenza di aberrazioni. Matematicamente esse possono essere descritte mediante la funzione di aberrazione $\Phi$, che dipende dalla posizione del punto sui piani oggetto e immagine, e da dei coefficienti. Analiticamente: \begin{equation} \Phi \sim E e_1e_2 - \frac{1}{2}De_1e_3 - Ce_2^2 + Fe_2e_3 - \frac{1}{4}Be_3^3 \end{equation} dove B, C, D, E, F sono rispettivamente i coefficienti delle cinque aberrazioni primarie di Seidel: sferica, astigmatismo, curvatura di campo, distorsione e coma.
La sferica (coefficiente B) e` causata dal fatto che i raggi marginali e parassiali vengono focalizzati da uno specchio sferico in punti diversi. Un punto oggetto quindi non corrisponde piu` a un punto immagine, ma bensi` a una figura di aberrazione (il sistema perde di stigmatismo). Di fatto la sferica trasforma una sorgente puntiforme in un disco il cui raggio dipende dall'apertura $\rho$ del fascio di raggi: piu` i raggi sono distanti dall'asse ottico, maggiore e` la sferica.
La distorsione (coefficiente E) non fa perdere di stigmatismo al sistema, tuttavia fa si` che un'immagine estesa appaia deformata di una quantita` che dipende dal cubo del fuori-asse.
La coma (coefficiente F) trasforma l'immagine di una sorgente puntiforme in una figura allungata, tondeggiante da un lato e appuntita dall'altro, con la punta rivolta verso l'asse ottico; l'angolo di apertura non dipende dall'oggetto ed e` di 60$^\circ$. Tale aberrazione dipende sia dal fuori-asse che dall'apertura del fascio luminoso.
L'astigmatismo fa si` che i raggi convergano, anzich\'e su un punto, su due segmenti fra loro perpendicolari. Combinata con la curvatura di campo essa produce un'ellisse, le cui dimensioni aumentano con il fuori-asse.
L'ultima distorsione e` causata dalla dipendenza dell'indice di rifrazione dalla lunghezza d'onda. Poich\'e in generale $dn/d\lambda < 0$, quando un fascio di raggi incide su una superficie a diverso indice di rifrazione, quelli a lunghezza d'onda minore verranno deviati maggiormente di quelli a grandi lunghezze d'onda. Il blu quindi e` piu` deviato del rosso. Tale effetto puo` tuttavia essere eliminato con un doppietto acromatico: la seconda lente infatti bilancia l'aberrazione della prima in modo uguale e contrario.
Si consideri il tipo piu` semplice di telescopio, ovvero un obiettivo (lente o specchio) di diametro $D$ e lunghezza focale $F$. Si definisce rapporto di apertura f/# la quantita` $F/D$. Si definisce inoltre come \textbf{scala del telescopio} la quantita` $S = \theta/h$, dove $\theta = \alpha \cdot 206265$ e` la dimensione angolare della sorgente in secondo d'arco, e $h$ la sua dimensione lineare sul piano focale del telescopio. Si ricava: \begin{equation} S = \frac{206265}{F} \end{equation} Tale lunghezza si esprime in millimetri. Nota la dimensione angolare di una sorgente e la focale del telescopio quindi si puo` calcolare facilmente la dimensione lineare dell'immagine che si formera` sul piano focale. Se si combinano infine due lenti facendo coincidere i loro piani focali, l'ingrandimento che si ottiene e` dato dal rapporto fra la lunghezza focale dell'obiettivo e quella dell'oculare.
Si consideri l'equazione della conica generica: \begin{equation} (1 + b)z^2 - 2Rz + r^2 = 0 \end{equation} dove $r$ e $z$ sono le variabili delle coordinate cilindriche $(r\cos\theta, r\sin\theta, z)$, e $R$ il raggio di curvatura della conica. Al variare di $b$ cambia il tipo di conica:
La legge di riflessione vale ancora, tuttavia si deve tener conto che la normale varia per ogni punto della superficie, seguendo l'andamento della derivata della conica. Per il paraboloide si ottiene ad esempio che $f = R/2$.
Dall'espressione della funzione di aberrazione si considerino soltanto i tre termini che fanno perdere di stigmatismo al sistema (sferica, astigmatismo, coma). Sia $y$ il raggio dello specchio primario del telescopio e $\phi$ la dimensione angolare della sorgente osservata. La sferica trasforma la sorgente puntiforme in un disco di diametro $2By^3$, la coma in una figura appuntita di dimensione complessiva $3Fy^2\phi$ e l'astigmatismo in una figura allungata di dimensioni $2Cy\phi^2$. Si definisce \textit{focale equivalente} di un telescopio a due specchi di focali $f_1$ ed $f_2$: \begin{equation} \frac{1}{f} = \frac{1}{f_1} + \frac{1}{f_2} - \frac{d}{f_1f_2} \end{equation} dove $d$ e` la distanza fra primario e secondario, e $b_1$ e $b_2$ i coefficienti delle coniche dei due specchi. Si puo` dimostrare che i coefficienti delle aberrazioni valgono: \begin{equation} B = \frac{1+b_1}{8f_1^3}-\left[b_2 + \left(\frac{f+f_1}{f-f_1}\right)^2\right] \frac{(f-f_1)^3(f_1-d)}{8f^3f_1^4} \end{equation} \begin{equation} C = \frac{f_1(f-d)}{2f^2(f_1-d)}-\left[b_2 + \left(\frac{f+f_1}{f-f_1}\right)^2\right]\frac{(f-f_1)^3d^2}{8f^3f_1^2(f_1 - d)} \end{equation} \begin{equation} F = \frac{1}{4f^2} + \left[b_2 + \left(\frac{f + f_1}{f-f_1}\right)^2\right] \frac{(f-f_1)^3d}{8f^2f_1^3} \end{equation} Queste equazioni, ricavate da Schwarzchild, permettono di ricavare le aberrazioni per ciascun tipo di telescopio.
Il primario e` uno specchio concavo, il secondario invece uno specchio piano che come unica funzione devia i raggi di luce in direzione ortogonale a quella d'arrivo. Si ha $f = f_1$, $f_2 = 0$. Se si vuole eliminare la sferica si deve avere $B = 0$, e in questo telescopio implica $b_1 = -1$: lo specchio primario deve essere parabolico. Tuttavia questo comporta una forte aberrazione di coma, che non puo` essere risolta se il secondario e` piano.
Per cercare di ovviare al problema delle aberrazioni, il primario dev'essere ancora una volta parabolico, per eliminare la sferica, e si trova facilmente che il secondario dev'essere iperbolico. La coma in questo caso diminuisce a patto di aumentare la focale equivalente del telescopio. Nel caso di secondario iperbolico convesso si ha un telescopio Cassegrain, se invece il secondario e` concavo (e quindi ellissoidale) si ha un telescopio Gregoriano. In quest'ultimo caso il secondario va posto oltre il fuoco del primario, e l'immagine si forma dietro il primario. Si puo` usare per le osservazioni solari, in quanto e` possibile posizionare un'ostruzione sul fuoco del primario per osservare la corona. Il Cassegrain consente di ottenere focali lunghe mantenendo il telescopio di dimensioni compatte; il piano delle immagini e` localizzato dietro lo specchio primario. Il telescopio di Asiago e` un Cassegrain; si puo` stimare che coma e astigmatismo sono al di sotto delle condizioni tipiche di seeing dell'osservatorio.
Per eliminare sferica e coma allo stesso tempo, si cerca di annullare contemporaneamente i due coefficienti $B$ ed $F$. Si ottiene che se il primario e il secondario si trovano a distanza minore della focale del primario, come nel Cassegrain, il primario dev'essere iperbolico, e cosi` dev'essere anche il secondario. Questo telescopio non e` esente da sferica nel fuoco del primario, ma essa viene corretta dal secondario. L'astigmatismo ha valori analoghi a quelli che si osservano in un Newtoniano e in un Cassegrain.
Lo Schmidt e` costituito da un unico specchio sferico diaframmato per ridurre la sferica; la pupilla di entrata qui e` il diaframma, mentre la focale del telescopio coincide con quella dello specchio sferico. Si puo` costruire lo strumento per annullare coma e astigmatismo; per la prima e` necessario porre il diaframma in coincidenza con il centro di curvatura dello specchio, a una distanza da esso pari al doppio della focale. Questa condizione annulla allo stesso tempo anche l'astigmatismo. Resta tuttavia il problema della sferica; se si cerca di chiudere il diaframma, si diminuisce si l'ampiezza del fascio e quindi l'aberrazione, ma allo stesso tempo si ottiene meno luce sullo specchio. La soluzione e` una lente correttrice che sia in grado di trasformare lo specchio da sferico a parabolico. Dallo sviluppo asintotico di sfera e parabola si trova che il cammino ottico da aggiungere ai raggi paralleli all'asse ottico principale che incidono sullo specchio sferico e` pari a $\Delta = y^4/8R^3$, quindi si puo` compensare tale cammino con una lastra correttrice a riflessione o rifrazione. Nel secondo caso essa deve avere una curvatura quattro volte maggiore rispetto a quella a riflessione. A questo punto non restano piu` aberrazioni che facciano perdere stigmatismo; l'unico problema degno di nota e` l'aberrazione cromatica, che tuttavia si puo` correggere modificando ulteriormente la lastra.
I telescopi nell’IR devono tener conto del fatto che la Terra e tutto cio` che sta attorno allo strumento emettono termicamente proprio in questa banda. Per la legge di Wien infatti il picco di emissione di un oggetto a 300 K e` attorno ai 3 $\mu m$, quindi per osservare al di sopra di questa lunghezza d'onda il secondario deve essere sottodimensionato. Questo significa che la luce raccolta dal secondario non e` tutta quella che arriva al primario, ma vengono esclusi i marginali, in modo da eliminare la luce che arriva dall'esterno dello strumento. Per quanto detto, il rilevatore nell'IR deve essere mantenuto al freddo. Se la temperatura dell'ambiente cambiail picco di emissione cambia con essa a causa della legge di Wien, quindi a seconda della lunghezza d'onda a cui si vuole osservare si sottodimensiona o meno il secondario. Di solito i telescopi IR sono di tipo Cassegrain.
L'atmosfera e` trasparente nel radio. A causa della grande lunghezza d'onda in questa banda, i riflettori dei telescopi possono essere lavorati con una precisione inferiore a quelli ottici, in quanto le imperfezioni devono essere inferiori a $\lambda/4$. Cio` rende la loro costruzione assai piu` semplice, e la loro struttura molto leggera: il radiotelescopio di Arecibo, di 305 metri di diametro, ne e` un esempio. Esso e` costituito da uno specchio sferico e da una lastra correttrice posta vicino all'antenna che elimina le aberrazioni.
Il problema nel radio e` che a causa della grande lunghezza d'onda il disco di Airy ha grandi dimensioni anche per telescopi enormi. Tuttavia si puo` aggirare questo problema sfruttando l'interferometria. Poich\'e nel radio e` possibile memorizzare la fase delle onde, basta far interferire in fase fra loro i fotoni provenienti da diversi telescopi: in questo modo e` possibile considerare come diametro del telescopio la baseline fra le due antenne. In linea di principio quindi si puo` avere un radiotelescopio di diametro pari a quello della Terra.
Quello che si ottiene dai telescopi sensibili a queste lunghezze d'onda non e` propriamente un'immagine, ma una mappa ricostruita delle intensita` e direzioni da cui provengono i segnali. La difficolta` maggiore che si incontra nella progettazione di simili telescopi e` che, a causa della forte penetrazione della radiazione, non si puo` ottenere un effetto di riflessione totale convogliando tutti i raggi nel fuoco grazie ad un semplice specchio parabolico o sferico perpendicolare alla sorgente, come si fa per i telescopi ottici. L'unico modo per convergere i raggi in un unico fuoco e` quello di operare con angoli di incidenza molto piccoli (di solito intorno agli 1,5 gradi). Per fare cio` sono necessari piu` specchi, ed in generale sono utilizzati set di specchi parabolici e iperbolici disposti secondo uno schema tubolare. Una volta convogliata la radiazione nel fuoco, si utilizzano strumenti quali i contatori proporzionali ed i CCD, entrambi capaci di contare ogni singolo fotone X, e registrare cosi` l'intensita` globale del segnale ricostruendo un'immagine a raggi X.
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